Il caso di Unabomber: chi era in realtà il famigerato terrorista?

Unabomber: chi era il folle dinamitardo che dal 1994 al 2006 mise in atto oltre trenta attentati? Il caso Elvo Zornitta.

Il caso Unabomber è una delle vicende di cronaca nera che più sconvolsero l’Italia tra gli anni ’90 e 2000. Chi era in realtà il famigerato terrorista senza nome e senza volto che attentò alla vita di numerosi individui? Tra il 1994 e il 2006 il folle dinamitardo ferì oltre una decina di persone, tra cui anche dei bambini. Trentuno (o trentatrè a seconda delle diverse ricostruzioni) gli attentati messi in atto. In alcuni casi gli ordigni piazzati dal folle non esplosero. In alcuni casi i medici dovettero procedere ad amputazione nel caso di alcune vittime di Unabomber, a causa delle ferite molto gravi.

Unabomber: le dichiarazioni di Giuseppe Pietrobelli

Un’analisi suddivide i primi nove anni di attività di Unabomber in cinque fasi: cinque volti iniziali dell’oscuro criminale. Lo scrittore Giuseppe Pietrobelli, noto per la sua collaborazione con diverse testate di punta, tra cui il Gazzettino, fece un’analisi minuziosa della vicenda. Qui di seguito riportiamo alcune dichiarazioni prese dal sito di “Chi l’ha visto?” nell’apposita scheda riguardante il caso: “Il primo Unabomber è quello che nasce nel ’94. Abbandona per strade o nelle aiuole dei tubi bomba che esplodono senza che qualcuno li tocchi. Li ha rinforzati con pezzi di ferro o pezzi di biglie di vetro, in modo da ferire chi si trova in un raggio di venti – trenta metri. Ci riesce almeno due tre volte. Il secondo Unabomber invece nasce a Pordenone nel settembre del ’95, quando per la prima volta tende la trappola ad una persona. Chiede che il tubo venga toccato da una persona perché esploda. Per farlo mette un’esca molto attraente: alcune banconote. Una signora di 75 anni tocca il tubo vicino a casa e viene assolutamente devastata. Perde parte del braccio e della mano e rimane sorda ad un orecchio”.

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Un dinamitardo dai mille volti

Giuseppe Pietrobelli va avanti con la sua interessante e minuziosa analisi: “Il terzo Unabomber usa sempre il tubo bomba, ma va a violare il luogo del riposo, delle vacanze, cioè le spiagge, come Lignano, Bibione, le spiagge dell’Adriatico. Comincia nel ’96, mettendo un tubo bomba dentro un ombrellone. Un turista di Domodossola apre l’ombrellone e gli cade addosso il tubo bomba. Non muore soltanto perché il fratello riesce a salvarlo da un’emorragia devastante causata da un bullone conficcatosi in una gamba”.

Arriviamo, quindi, al quarto Unabomber. Giuseppe Pietrobelli spiega che egli “nasce nel 2000. E’ l’anno in cui Unabomber non piazza più tubi bomba, ma oggetti bomba. In quel momento nasce il vero Unabomber. Prende degli oggetti al supermercato e li imbottisce di questa miscela di esplosivo, con delle microcapsule di seltz che fanno da cassa di esplosione. Probabilmente sceglie gli oggetti da supermercato perché nessuno più toccava i tubi bomba. Il quinto Unabomber nasce a settembre del 2002 quando fa esplodere un tubetto di bolle di sapone. Un bambino viene sfiorato dall’esplosione e fortunatamente non subisce ferite. Però in quel momento Unabomber dimostra di voler colpire i bambini”.

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Un criminale senza nome

Giuseppe Pietrobelli conclude la sua analisi evidenziando come “in quest’ultima fase del quinto Unabomber abbiamo anche altri due episodi inquietanti. Una bomba, per la prima volta con timer, messa sopra un confessionale la notte di Natale nel duomo di Cordenons. Anzi, le bombe sono due. Una non esplode, ma entrambe sono sullo stesso confessionale, quasi che lui avesse lanciato una sfida, una ve la faccio esplodere e l’altra ve la faccio trovare. Ma questa sfida si alza ancora di livello a marzo, quando una bomba viene messa nella toilette del Tribunale di Pordenone. Al quarto piano lavorano i Pubblici Ministeri che da dieci anni stanno cercando di dare un nome e un volto a questo criminale e lui fa esplodere una bomba sotto i loro uffici, al piano di sotto, dentro una toilette”.

Unabomber: nuovi volti si aggiungono

Purtroppo, i casi proseguirono negli anni a seguire. Arriviamo all’anno 2004, Portogruaro, 2 aprile. Un clima pasquale visto il periodo. Quel giorno la donna delle pulizie della chiesa di Sant’Agnese rinvenne casualmente uno strano oggetto occultato dentro il cuscino di un inginocchiatoio. Lo consegnò pertanto al parroco. Il sacerdote non comprese cosa fosse, così come altre persone che lo esaminarono; alcune di loro lo scambiarono per un accendino. Il parroco di Portogruaro lo conservò pensando si trattasse di un pesce d’Aprile, finché un collaboratore non si insospettì consegnando l’oggetto alle forze dell’ordine. Si scoprì che era un ordigno di elevata pericolosità contenente nitroglicerina. Esso sarebbe stato piazzato nel cuscino dell’inginocchiatoio per attentare alla vita del sacerdote. Nel maggio seguente, gli inquirenti perquisirono per la prima volta l’abitazione di Elvo Zornitta.

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Gli attentati nel 2005

Nel 2005 vi furono altri quatto ritrovamenti di ordigni in Italia, ma anche all’estero. Il primo fu a Treviso il 26 gennaio. In tal caso, Unabomber si spinse all’stremità piazzando un ordigno in uno dei due ovuli di plastica di Kinder Sorpresa lasciati in via Verdi. Fortunatamente, l’oggetto venne fatto esplodere casualmente da un ragazzino di 12 anni senza però ferire nessuno. Il 13 marzo a Motta di Livenza (Treviso) un ordigno nascosto in una candela votiva elettrica nella chiesa di San Nicola Vescovo ferì una bimba e, in maniera leggera, una donna. Un altro ordigno esplose a Concordia Sagittaria-Bacău, località della Romania. Un ordigno venne rinvenuto dalle suore di Misericordia, all’interno di una scatola di sgombri. Nello stesso anno è da segnalare un altro caso il 9 luglio a Portogruaro, quando una donna, uscendo in bicicletta, sentì cadere qualcosa dal sellino del suo mezzo: era un involucro esploviso alla nitroglicerina.

Il 2006 e poi il silenzio

L’ultimo caso risale al 9 luglio 2006 a Porto Santa Margherita (Caorle). Due fidanzati trovarono presso il litorale dela foce del Livenza una bottiglia. Al suo interno sembrava esserci un messaggio. Come informa Wikipedia, il ragazzo, l’infermiere Massimiliano Bozzo, iniziò a scuoterla facendola esplodere. Le ferite riportate dal giovane furono gravi e anche la sua ragazza riportò delle lesioni. Poco prima un altro uomo aveva notato l’oggetto, ma aveva rinunciato a raccoglierlo. Da allora non si segnalano ulteriori episodi.

Fu indagato un ingegnere, il quale fu assolto dalle accuse

E.Z., ingegnere, venne ufficialmente indagato per la vicenda di Unabomber il 26 maggio 2004. Il suo nome era stato suggerito da un’altra persona, anche lei sotto indagine. Gli elementi a carico dell’uomo sembravano di numero enorme rispetto a quelli degli altri sospettati. L’uomo aveva del resto competenze tecniche elevate e peraltro i suoi spostamenti di lavoro coincidevano al raggio d’azione del folle dinamitardo. Furono rinvenuti anche alcuni oggetti compatibili con quelli utilizzati da Unabomber come dei petardi non contenenti polvere pirica. Tutto ciò però non bastò a dimostrare che fosse lui il dinamitardo. Nel corso degli anni, ebbe dei danni personali e patrimoniali, tra cui la perdita del suo impiego. Alla fine il suo caso venne definitivamente archiviato il 2 marzo 2009.

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