“Campo di Battaglia” di Gianni Amelio. Nico Piro intervista il regista

Nico Piro, inviato di guerra del TG3, intervista Gianni Amelio in occasione della presentazione del suo nuovo film

Nico Piro, l’inviato del Tg3 che da anni racconta le aree di crisi e le zone di guerra, durante la 81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha intervistato Gianni Amelio, regista del film in concorso “Campo di Battaglia”, in uscita al cinema il 5 settembre. 

Un’intensa chiacchierata dove il giornalista ha toccato diversi temi del film che lo rendono un’opera attualissima e di grande forza narrativa. 

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La storia si ripete sempre con drammaticità più forte – dice Gianni Amelio nell’intervista – bisognerebbe forse dedicarsi a un’altra guerra…alla guerra che fa vivere non alla guerra che fa morire. In questo la scienza è fondamentale; bisognerebbe combattere in nome della scienza perché l’umanità è cresciuta attraverso questo tipo di battaglie. Le battaglie giuste sono solo quelle che si combattono per il progresso dell’uomo, non quelle che si combattono per l’odio dell’altro“.  

Nico Piro

che nella sua esperienza professionale ha potuto fare esperienza diretta di come gli ospedali siano osservatori privilegiati per capire, comprendere la guerra e le sue vittime, ha chiesto poi al regista quale potesse essere la sua definizione di guerra e cosa i suoi film e il cinema in generale possano fare per la pace. 

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Guardando il film ho avuto la sensazione che il campo di battaglia evocato nel titolo non si veda mai per un motivo ben preciso. Credo che il campo di battaglia sia la coscienza dei due protagonisti, tutto ciò che la guerra scatena nell’animo umano. Lo trovo un film oggi più che mai necessario” – così Nico Piro ha commentato il film dopo la proiezione ufficiale in Sala Grande. 

SINOSSI 

Sul finire della Prima guerra mondiale. Due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere. Stefano, di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro.

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Giulio, apparentemente più comprensivo e tollerante, non si trova a proprio agio alla vista del sangue, è più portato verso la ricerca, avrebbe voluto diventare un biologo. Anna, amica di entrambi dai tempi dell’università, sconta il fatto di essere donna. A quei tempi, senza una famiglia influente alle spalle, era difficile arrivare a una laurea in medicina. Ma lei affronta con grinta un lavoro duro e volontario alla Croce Rossa.

Qualcosa di strano accade intanto tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. Forse c’è qualcuno che provoca di proposito delle complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, purché non tornino in battaglia.

C’è dunque un sabotatore dentro l’ospedale, di cui Anna è la prima a sospettare. Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile…

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