Azerbaijan avvia ‘operazione antiterrorismo’ contro l’Armena: si riaccende il focolaio del Nagorno-Karabakh

Baku giustifica il suo intervento dopo la morte di sei persone azere nel distretto di Khojavend. Erevan invoca l'intervento del Consiglio di sicurezza dell'Onu e delle truppe russe presenti dal 2020

Sono in corso le attività antiterroristiche locali condotte dalle forze armate azere nella regione del Karabakh dell’Azerbaigian“. Queste le dichiarazioni del Ministero degli esteri dell’Azerbaijan che ha dato il via a una “operazione antiterroristica” nell’ambito del conflitto, mai del tutto sopito, con la vicina Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh.

Si riaccende uno dei focolai più pericolosi del Caucaso aprendo la strada ad una nuova guerra, quella per il controllo della regione, azera dal punto di vista del diritto internazionale, ma de facto una enclave di etnia armena essendo gli abitanti quasi tutti culturalmente legati al piccolo paese caucasico. L’obiettivo dell’Azerbaijan è “disabilitare le forze armate armene” presenti nella regione – presenti da fine 2020 – prendendo di mira “solo le istallazioni e le infrastrutture militari legittime utilizzando armi di precisione“, si legge nel comunicato. In più viene ribadito che l’Azerbaijan ha creato dei corridoi umanitari per consentire le evacuazioni dei civili e ha giustificato il suo intervento per la morte di sei persone azere, avvenuta presumibilmente a causa di mine antiuomo, nel distretto azero di Khojavend.

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La regione non è nuova a tensioni militari di questo tipo. La prima guerra tra azeri e armeni ci fu tra il 1991 e 1994. L’ultima operazione militare, la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, avvenne invece nel settembre 2020. Le attività belliche delle due forze avvennero lungo la linea di contatto dell’Artsakh e durarono all’incirca sei settimane prima dell’intervento russo che congelò il conflitto e costrinse l’Armenia a cedere al vicino diversi territori che controllava dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991). Ma l’accordo tra le parti, che prevedeva il dispiegamento di forze di peacekeeping russe atte a sorvegliare la zona e un cessate il fuoco, è sempre stato piuttosto fragile. Tanto che anche dopo il raggiungimento dell’accordo nuove tensioni sono esplose tra i due contendenti. Più di un mese fa l’Armenia accusò l’Azerbaijan di aver bloccato il corridoio Lachin, un corridoio fondamentale per portare cibo e medicinali alle popolazioni di etnia armene. In quel momento le autorità armene parlavano di embargo e di violazione della sentenza della Corte di giustizia internazionale che garantiva libero movimento sulla strada.

Il Ministero degli Esteri armeno, in risposta alla controparte azera, ha invitato le truppe russe stanziate nella zona a intervenire per fermare quella che definisce “un aggressione su vasta scala” contro la popolazione locali e ha ribadito di non avere forze operative in quella zona. Erevan ha chiesto anche l’intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite parlando di pulizia etnica contro le popolazioni presenti nella regione contesa. Nel frattempo, diverse fonti armene riferiscono che la prima località armena a essere stata presa di mira è stata la roccaforte di Stepanakert, capitale della Repubblica separatista, mentre altre voci parlano di forze azere impegnate anche nel nord-est del territorio conteso.

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